L’Articolo 572 del codice penale riguarda i “Maltrattamenti contro familiari e conviventi”. Questo articolo stabilisce le disposizioni legali per punire chiunque maltratti una persona che fa parte della sua famiglia o convive con lui, o chi è sotto la sua autorità o è stato affidato a lui per motivi educativi, di istruzione, cura, vigilanza o custodia, o in relazione all’esercizio di una professione o di un’arte.
Cosa si intende per reato di maltrattamenti in famiglia?
Il concetto di “maltrattamenti” secondo l’articolo 572 del codice penale include comportamenti dannosi per l’incolumità fisica e la reputazione morale della vittima, che provocano regolarmente disagi nelle relazioni familiari. Questi comportamenti si manifestano attraverso angosce morali che portano a un senso di degrado o attraverso azioni o parole che ledono la dignità del soggetto coinvolto.
Perché sussista il reato di maltrattamenti in famiglia secondo l’articolo 572 del codice penale, non è necessario che il comportamento vessatorio sia continuo e costante. Il reato è caratterizzato da un modello di condotta abituale che si esprime attraverso diversi atti, criminali o no, che causano sofferenze fisiche o morali. Questi atti possono verificarsi in momenti separati ma sono legati da un modello di comportamento abituale e da un’unica intenzione criminosa di danneggiare l’incolumità fisica o morale della vittima. In altre parole, l’obiettivo è infliggere abitualmente tali sofferenze. La ripetizione degli atti vessatori è sufficiente per dimostrare la consuetudine della condotta, anche se avviene in un periodo di tempo limitato. Tuttavia, anche un breve periodo di tempo è importante per dimostrare la ripetizione degli atti vessatori che causano sofferenze fisiche o morali continue alla vittima.
La legge mira a punire non solo le azioni fisiche come percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni, ma anche gli atti di disprezzo e offesa alla dignità della vittima, che possono causare sofferenze morali. È importante notare che, data la natura abituale del reato di maltrattamenti in famiglia, non è rilevante se gli atti lesivi si alternano con periodi di apparente normalità o se sono causati da motivi contingenti. La continuità nel comportamento violento e vessatorio è ciò che importa, e il lasso di tempo tra un episodio e l’altro non fa venir meno la rilevanza del reato.
Il concetto di “stato di soggezione” della vittima nei maltrattamenti in famiglia si riferisce alla condizione in cui una persona si trova quando è sottoposta a un trattamento abituale e ripetuto da parte di un membro della famiglia che mette in pericolo la sua dignità, il suo decoro e la sua salute mentale e fisica. Questo stato di soggezione non implica necessariamente che la vittima sia completamente sottomessa o priva di qualsiasi capacità di resistenza all’autore dei maltrattamenti.
Lo “stato di soggezione” si manifesta attraverso atti sistematici di sopraffazione che rendono particolarmente dolorosa la convivenza. Questo stato implica un elemento psicologico che deve essere uniforme e dimostrare l’intenzione grave da parte dell’aggressore di umiliare e sopraffare la vittima. Gli episodi di aggressione possono coinvolgere sia la sfera morale che quella materiale della vittima. La legge mira a proteggere non solo l’interesse dello Stato nella salvaguardia della famiglia da comportamenti violenti e oppressivi, ma anche la sicurezza fisica e mentale delle persone coinvolte, che devono poter mantenere la loro personalità e dignità all’interno dei rapporti familiari.
Maltrattamenti in famiglia: il “Codice Rosso”
La Legge 69/2019, comunemente nota come “Codice Rosso,” ha introdotto importanti modifiche nel campo delle leggi penali, sia rafforzando le pene per alcune fattispecie esistenti che creando nuovi reati. Tra le novità più significative si trova la nuova categoria legale della diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, spesso denominata “Revenge Porn“. Inoltre, per il reato di maltrattamenti in ambito familiare, sono state previste pene più severe, che esamineremo a breve.
Il termine “Codice Rosso” deriva dalla necessità di affrontare con urgenza determinati casi, conferendo loro una priorità nell’ambito medico e legale rispetto ad altri reati. Lo scopo fondamentale di questa legge è quello di dare massima priorità all’investigazione e al trattamento di alcuni reati, considerando il loro impatto sociale e le tragiche conseguenze spesso subite dalle vittime. Nel caso in cui uno dei reati contemplati nel “Codice Rosso” venga commesso, il Pubblico Ministero e le Forze dell’Ordine sono tenuti ad agire immediatamente, garantendo un’indagine rapida ed efficace.
Maltrattamenti in famiglia e convivenza
La convivenza è sempre un requisito imprescindibile quando si tratta di maltrattamenti in famiglia?
La Corte di Cassazione sostiene di no. Secondo la Corte, il reato di abusi domestici può essere configurato in tutti i casi in cui, nonostante la fine della convivenza, siano ancora presenti legami di frequente interazione e solidarietà, specialmente quando questi legami sono dovuti alle comuni necessità di cura e educazione dei figli. Per fare un esempio, si può prendere in considerazione il caso in cui due ex conviventi che, nonostante il loro divorzio, avevano mantenuto una relazione stabile e continua nell’interesse dei loro figli.
Pene previste per il reato di maltrattamento in famiglia
Il reato di maltrattamento in famiglia prevede, come pena minima, la reclusione da 2 a 6 anni. Tuttavia, questa pena può essere aumentata in determinate circostanze, come previsto dal comma 2 dell’articolo 572:
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- Se i comportamenti vessatori sono commessi alla presenza o in danno di un minore, di una persona disabile o di una donna in stato di gravidanza, la pena può essere aumentata della metà. Quindi, la pena massima potrebbe essere da 3 a 9 anni.
Inoltre, il comma 3 dell’articolo 572 del Codice Penale disciplina le conseguenze più gravi dei maltrattamenti:
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- Se dai maltrattamenti derivi una lesione grave, la pena prevista è della reclusione da 4 a 9 anni.
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- Se dai maltrattamenti derivi una lesione gravissima, la pena prevista è della reclusione da 7 a 15 anni.
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- Se dai maltrattamenti derivi la morte della vittima, la pena prevista è della reclusione da 12 a 15 anni. Questo caso potrebbe includere situazioni in cui la vittima di violenza scelga di suicidarsi a seguito degli abusi subiti o venga uccisa a causa delle percosse.
Le pene previste per questi reati possono variare in base alle circostanze specifiche del caso, alle prove presentate in tribunale e all’interpretazione della legge da parte del giudice.